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Salute

Appendice infiammata, quando è necessario rimuoverla?

L’appendice infiammata o appendicite se non curata può portare a complicazioni anche gravi. Non sempre, però, è necessaria l’operazione chirugica per rimuoverla.

L’appendice è una piccola sacca (un diverticolo, chiamato anche appendice vermiforme) presente nel tratto iniziale dell’intestino. Può capitare che questa piccola sacca si infiammi e si parla, in questo caso, di appendicite. Si tratta, in sostanza, di una delle infiammazioni più comuni dell’apparato digerente. Una patologia benigna che, però, se sottovalutata rischia di portare in dote complicazioni anche gravi. Per questo motivo è bene intervenire il prima possibile, anche se non sempre è necessaria un’operazione.

Appendice infiammata: i sintomi da tenere d’occhio

Per capirne qualcosa di più, partiamo dai sintomi dell’appendicite. L’infiammazione si manifesta solitamente a causa di un’ostruzione interna di queste viscere, in seguito al ristagno di materiale ingerito o, nella prima infanzia, per la presenza di abbondante tessuto linfatico legata, a sua volta, a infezioni (mononucleosi, morbillo, gastroenteriti, infezioni respiratorie). Il suo sintomo principe è il dolore molto forte a livello dell’ombelico, di solito localizzato nella parte destra e inferiore dell’addome. Altri sintomi possono essere nausea, vomito, febbre sopra i 37.7 gradi. Alcune persone potrebbero, inoltre, avvertire dolore addominale localizzato che aumenta con un colpo di tosse, o mentre si cammina.

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Se questi sintomi si presentano è bene recarsi da un medico. Questi verificherà la presenza o meno di appendicite tramite una manovra, chiamata segno di Mc Burney, che permette di diagnosticare un’eventuale appendicite facendo pressione sull’addome.

Quando è necessaria l’operazione chirurgica?

A seguito della diagnosi è bene intervenire il prima possibile. Come già detto, l’appendicite, se non curata, porta in dote complicazioni anche gravi. Se non trattata potrebbe, nello specifico, evolvere creando un ascesso in quella zona dell’intestino, oppure perforandosi, rilasciando del materiale infetto e fecale nella cavità addominale fino a trasformarsi in peritonite acuta.

Come intervenire, quindi? Negli ultimi anni si è scelto di seguire sempre di più la strategia meno invasiva, vale a dire l’utilizzo di antibiotici per via endovenosa. Questo tipo di azione, però, può essere effettuata soltanto in presenza di infiammazioni lievi e al loro stadio iniziale. Diverso, invece, il discorso per infiammazioni in stadio più avanzato. A quel punto si rende, infatti, necessaria l’appendicectomia, ovvero l’intervento chirurgico di asportazione dell’appendice infiammata. L’intervento, nella maggior parte dei casi, è mini-invasivo e viene effettuato in laparoscopia. Una tecnica che garantisce una guarigione veloce, di solito il ricovero post operatorio dura pochi giorni, e che, inoltre, garantisce al medico anche la possibilità di ispezionare la cavità addominale alla ricerca delle reali cause dell’infiammazione. Esiste anche la possibilità di interventi effettuati per via laparatomica, vale a dire eseguiti con un’incisione, generalmente di 5-10 centimetri.

In entrambi i casi, comunque, l’intervento viene eseguito in anestesia generale, a digiuno e dopo la somministrazione di antibiotici. Al termine dell’operazione, in caso di assenza di complicazioni, il ricovero terminerà nei giorni immediatamente successivi e il paziente potrà ricominciare a mangiare regolarmente già dal giorno successivo, chiaramente alimenti leggeri. Dopo una settimana il paziente, in una situazione normale, potrà dirsi completamente ristabilito.

Gianluca Pirovano

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