Forse dietro la continua ricerca di alimenti considerati grassi c’è una ragione che trascende la semplice golosità, almeno così spiegano da Oxford: di cosa si tratta?
Inutile negarlo: più un cibo è grasso, più la nostra tentazione di infrangere ogni regola della sana nutrizione diventa insostenibile. Molto spesso giustifichiamo il cedere a voglie improvvise ripetendoci: “Ma come si fa a dire di no a qualcosa di così buono?”. E forse, inaspettatamente, la risposta è che proprio non si può. O meglio, che il nostro cervello non ci riesce a livello fisiologico.
No, non si tratta di un tentativo di appianare i nostri sensi di colpa dopo avere mangiato una fetta di torta al cioccolato. Semplicemente, alcuni scienziati hanno tentato di spiegare il motivo per cui tutti gli individui sono per indole portati a preferire il consumo di cibi grassi rispetto ad alimenti molto più salutari. In questo modo, è venuto alla luce che la nostra ricerca di “grasso” dipende da molti fattori, alcuni decisamente più profondi e innati della semplice “voglia”. In poche parole, infatti, la ragione che ci spinge a cercare alimenti grassi è che il nostro cervello è attratto da essi. Almeno, così ha documentato uno studio pubblicato di recente dalla rinomata Università di Oxford. Ma vediamo nel dettaglio il contenuto dello studio.
Lo studio dell’Università di Oxford
Spesso, nonostante si sia consapevoli del contenuto calorico di alcuni cibi, si tende a prediligere quelli ad alto contenuto di grassi e potenzialmente dannosi per la salute, piuttosto che opzioni più sane. Ma, come abbiamo accennato, la preferenza per alimenti ad alto contenuto di grassi rispetto a opzioni più equilibrate e meno dannose per l’organismo sembrerebbe essere un fenomeno complesso che coinvolge una serie di fattori. Alla base, ci sarebbe un sistema di ricompensa che si attiva a livello cerebrale. Scopriamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Nel recente studio intitolato Un meccanismo neurale nella corteccia orbitofrontale umana per preferire cibi ricchi di grassi in base alla consistenza orale, pubblicato su The Journal of Neuroscience, una rivista curata dalla Society of Neuroscience, alcuni ricercatori dell’Università di Oxford hanno adottato innovative tecniche di ingegneria alimentare unite alla cosiddetta neuroimaging funzionale. Si tratta di un approccio che combina tecnologie di neuroimaging – vale a dire di mappatura della struttura, della funzione e della farmacologia del sistema nervoso – che consentono di misurare il metabolismo cerebrale, al fine di comprendere in che modo la corteccia orbitofrontale umana (OFC) traduca le sensazioni orali scaturite da cibi ad alto contenuto di grassi in valutazioni soggettive che influenzano il comportamento alimentare.
Nel corso dello studio, 22 volontari di entrambi i sessi hanno sperimentato vari alimenti in forma liquida, contenenti grassi e zuccheri. I ricercatori hanno osservato come le risposte cerebrali di questi volontari fossero legate alle sensazioni di “liscezza e untuosità”, ovvero alle percezioni tattili che derivano dalla consistenza orale dei liquidi grassi sulle superfici della bocca. Questo approccio ha permesso agli scienziati di analizzare in modo dettagliato come il cervello elabori e risponda alle caratteristiche sensoriali dei cibi ricchi di grassi, fornendo così una migliore comprensione dei meccanismi neurali che influenzano le preferenze alimentari.
In seguito, è stata avviata un’analisi dettagliata dei cibi per comprendere quali sostanze fossero le preferite dalla nostra corteccia orbitofrontale. La sensibilità dei neuroni nell’OFC ha dimostrato che i cibi ricchi di grassi erano mediamente preferiti rispetto ad altre opzioni somministrate durante i test alimentari. I ricercatori hanno rivelato che le persone il cui OFC mostrava maggiore sensibilità alla consistenza orale correlata al grasso tendevano a consumare maggiori quantità di questi cibi. I risultati ottenuti dal team di Oxford guidato dal professor Fabian Grabenhorst, suggeriscono che i sistemi di ricompensa del cervello umano sono influenzati dalla percezione delle caratteristiche del grasso alimentare durante il processo di masticazione. Queste percezioni meccaniche giocano un ruolo chiave nelle nostre esperienze alimentari quotidiane, mediando le interazioni tra i cibi e le superfici orali.
Nonostante i ricercatori riconoscano che i meccanismi neurali legati alle proprietà sensoriali orali dei grassi rimangano ancora poco chiari, hanno concluso che gli alimenti contenenti grassi e zuccheri offrono un maggiore senso di soddisfazione, dal momento stimolano il gusto e la consistenza orale, influenzando positivamente il nostro cervello.
Tuttavia, deve essere sempre ribadito che un eccessivo consumo di alimenti grassi essere nocivo e causare obesità. Pertanto, l’importanza dello studio appena citato non sta nell’essere riuscito a dare una spiegazione scientifica al motivo per cui gli individui preferiscono tali alimenti. Piuttosto, si tratta di un punto di partenza, come decretato dagli stessi autori dello studio sulla rivista The Journal of Neuroscience: “Abbiamo scoperto che un’area specifica del sistema di ricompensa del cervello – la corteccia orbitofrontale – rileva la consistenza morbida dei cibi grassi in bocca e collega questi input sensoriali alle valutazioni economiche che guidano il comportamento alimentare. Questi risultati possono informare la progettazione di alimenti sostitutivi dei grassi a basso contenuto calorico che imitano l’impatto dei grassi alimentari sulle superfici orali e sui sistemi di ricompensa neurale”.
Cibi grassi: quali sono quelli “sani”?
Insomma, se fosse attestata la spiegazione secondo cui il cervello prova piacere quando consumiamo cibi grassi, ad alto contenuto calorico fosse attestata, si potrebbe considerare la possibilità di “ingannare” il nostro palato, ricreando il sapore piacevole dei “grassi” in alimenti che però non hanno gli stessi effetti negativi sulla salute. È anche vero, però, che non tutti i cibi “grassi” devono essere visti come nocivi. Infatti, all’interno della categoria, è opportuno distinguere tra alimenti “buoni” e alimenti “cattivi”.
Infatti, quelli che spesso chiamiamo grassi e che i medici definiscono correttamente lipidi sono un gruppo di macronutrienti che, se consumati nelle giuste proporzioni, sono essenziali per una dieta equilibrata e una buona salute. Tuttavia, esistono dei lipidi “appropriati” che contribuiscono al mantenimento del benessere generale, mentre altri, come i grassi saturi e gli idrogenati, sono da limitare, dato che numerose ricerche hanno dimostrato che un consumo eccessivo di questi grassi può aumentare il rischio di malattie cardiache e problemi cardiovascolari.
Per questo motivo, è consigliabile sostituire i grassi saturi e gli idrogenati con grassi monoinsaturi e polinsaturi, che sono presenti principalmente nell’olio extravergine di oliva, nell’olio di girasole, nell’avocado e in altri alimenti vegetali come le mandorle, le nocciole e i pistacchi. Questi grassi contribuiscono in misura modesta all’aumento dei livelli di colesterolo “buono” (HDL) e sono ricchi di acidi grassi omega-3. Alcuni pesci grassi, come il salmone, lo sgombro, l’aringa, le sardine e il tonno, nonché la frutta oleosa come le noci e semi come il lino, sono anche fonti importanti di omega-3. Gli omega-6 sono presenti negli oli vegetali (come il colza, il mais, la soia, i semi di cotone, il cartamo e il girasole), nelle noci, nei pistacchi e in alimenti come cereali, legumi secchi e tuorlo d’uovo. Questi lipidi sono costituenti fondamentali delle membrane cellulari e svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo e nella crescita dei bambini, oltre a contribuire alla riduzione dei livelli di trigliceridi nel sangue.
Mantenere un equilibrato rapporto tra omega-3 e omega-6 (idealmente intorno a 1:6) è cruciale per ridurre l’infiammazione, un fattore dannoso per il corpo che è associato a malattie come quelle cardiache. Nella dieta mediterranea, spesso si consumano alimenti ricchi di omega-6, mentre si tende a sottostimare l’assunzione di omega-3. Per garantire un apporto ottimale per il corpo, si consiglia di consumare almeno 1-2 porzioni settimanali di pesce e circa 10 grammi di noci o altri alimenti ricchi di grassi sani al giorno (come 2-3 noci).
I grassi presenti negli alimenti confezionati, al contrario, spesso contengono grassi vegetali idrogenati, che possono includere grassi trans noti per aumentare il colesterolo totale e il colesterolo “cattivo” (LDL) e ridurre il colesterolo “buono” (HDL).