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Salute

Cuore d’atleta, cos’è e perché si chiama così

Vediamo tutto quello che bisogna sapere a proposito della sindrome del cuore d’atleta, un aumento del volume e della massa del muscolo cardiaco

L’assiduo allenamento di resistenza può portare a cambiamenti significativi nel cuore, noti come sindrome del cuore d’atleta. Questa sindrome si caratterizza per un aumento sia dei volumi che della massa muscolare cardiaca, traducendosi in pulsazioni più basse a riposo. Il cuore dell’atleta non è una condizione medica, ma piuttosto una serie di adattamenti fisiologici nel cuore in risposta a un intenso allenamento atletico. Questi adattamenti, come l’aumento del volume di eiezione sistolico massimale e della gittata cardiaca, consentono al cuore di fornire in modo più efficiente sangue e ossigeno ai tessuti durante l’attività fisica. Queste modifiche possono riflettersi in una frequenza cardiaca a riposo più bassa e un prolungamento del tempo di riempimento diastolico.

Sindrome del cuore d’atleta: in cosa consiste? È un problema che comporta alcuni rischi? Esistono dei trattamenti specifici? Ecco la risposta a queste domande

Il cuore dell’atleta è un cuore allenato, caratterizzato da un’incrementata capacità adattativa. Questo si traduce in leggeri aumenti delle dimensioni sia del ventricolo (camera di pompaggio) che dell’atrio (camera di riempimento), oltre a un aumento nello spessore del muscolo cardiaco, noto come cardiomegalia. Inoltre, si osserva un incremento delle dimensioni dei vasi sanguigni principali che si diramano dal cuore. Questi adattamenti consentono al cuore di sostenere meglio le richieste durante l’esercizio fisico intenso.

Le leggere modifiche nel cuore dell’atleta, sebbene adattative, richiedono una sorveglianza attenta poiché possono comportare rischi e complicanze. Questi adattamenti possono influire sulla conduzione elettrica del cuore, manifestandosi attraverso condizioni come bradicardia sinusale, aritmia sinusale, blocco atrioventricolare di primo grado, ipertrofia ventricolare sinistra, ipertrofia ventricolare destra, blocco di branca destra incompleto e inversione dell’onda T in tutti e quattro i ventricoli. La gestione appropriata è cruciale per mantenere la salute cardiaca complessiva.

Immagine | Pixabay @Ivan-balvan – Importpharma.it

Il cuore d’atleta, a differenza delle vere patologie cardiache, non presenta segni e sintomi evidenti. Le condizioni cardiache patologiche, al contrario, possono manifestarsi attraverso sintomi come dolore toracico, svenimenti, mancanza di respiro o una diminuzione delle prestazioni. Gli atleti di resistenza, impegnati in intensi allenamenti, possono sviluppare frequenze cardiache inferiori alla media, talvolta anche al di sotto di 40 battiti al minuto. La valutazione accurata è essenziale per distinguere tra le normali adattamenti del cuore d’atleta e le potenziali preoccupazioni cardiache.

Il cuore di un atleta, caratterizzato da una frequenza cardiaca inferiore a 60 pulsazioni al minuto, in alcuni casi anche al di sotto di 40, contribuisce alla sua prestanza. Durante l’attività fisica intensa, l’atleta può mantenere un battito cardiaco simile a quello di una persona normale in riposo, garantendo una maggiore resistenza e capacità polmonare, e di conseguenza, prestazioni sportive ottimali. Questa adattabilità cardiaca è un elemento chiave per il successo degli atleti di alto livello.

Il cuore d’atleta è una condizione benigna, come confermato da uno studio su oltre 21.000 uomini pubblicato su JAMA Cardiology. Tale ricerca ha evidenziato che l’esercizio fisico ad alto volume e intensità non aumenta il rischio di malattie cardiache negli atleti maschi di mezza età. Sebbene il cuore d’atleta non presenti rischi significativi, i cambiamenti cardiaci nel cuore d’atleta presentano somiglianze con alcune cardiopatie, come l’ingrossamento cardiaco nella cardiomiopatia ipertrofica e nell’insufficienza cardiaca. Tuttavia, le principali differenze risiedono nel fatto che nel cuore d’atleta il cuore e le valvole cardiache funzionano normalmente, non vi è un rischio maggiore di attacco cardiaco o altra patologia, e il soggetto è generalmente asintomatico. La diagnosi di cuore d’atleta spesso emerge durante lo screening di routine o durante visite per sintomi non correlati.

Come avviene la diagnosi? Il cuore d’atleta viene di solito diagnosticato durante le visite mediche sportive. I test includono un ecocardiogramma per valutare la forma del cuore, un elettrocardiogramma per misurare l’attività elettrica, e un test da sforzo cardiopolmonare. Altri esami, come radiografie del torace, risonanza magnetica e prove di stress, sono impiegati per determinare se la sindrome del cuore d’atleta è l’unica causa dei cambiamenti cardiaci o se sono presenti altre condizioni come la cardiomiopatia.

Nel caso in cui il soggetto avverta dolore toracico o altri sintomi legati a una possibile cardiopatia, è fondamentale sottoporsi a ulteriori accertamenti, come ecocardiogramma, test da sforzo e, in alcuni casi, risonanza magnetica cardiaca (RMC). Questi esami consentono una valutazione dettagliata della struttura e della funzionalità del cuore, fornendo informazioni cruciali per una diagnosi accurata.

Ma esistono dei trattamenti specifici? Il cuore d’atleta non richiede trattamenti specifici, in quanto non è considerato una condizione medica. La maggior parte degli atleti che desiderano invertire la sindrome può semplicemente ridurre l’intensità e il volume dell’allenamento.

Inoltre, non è necessario alcun trattamento perché c’è un’ultima caratteristica che differenzia in modo sostanziale il cuore ingrossato dall’attività fisica, rispetto al cuore ingrossato a causa di una patologia cardiaca: la reversibilità.

Quando un atleta interrompe l’allenamento, le modificazioni che abbiamo descritto gradualmente tendono a regredire, dimensioni del cuore e frequenza cardiaca ritornano gradualmente a valori basali, anche se potrebbero servire settimane o addirittura mesi. La sospensione dell’allenamento è la chiave usata dagli specialisti per distinguere i casi in cui persistano dubbi residui sulla natura del cambiamento. Questa interruzione consente di verificare la scomparsa degli adattamenti coinvolti, rappresentando un segno inequivocabile che non vi è altro sottostante.

Quando si esplora l’argomento del cuore d’atleta, è fondamentale considerare le fonti di informazione. Molte informazioni provengono dal manuale MSD, una risorsa affidabile e ben consolidata nel campo medico. Tuttavia, una riflessione interessante emerge nella sezione dedicata ai professionisti della salute, specificamente nella voce “Prognosi”. Qui si menziona che, nella maggior parte dei casi, i cambiamenti strutturali e la bradicardia regrediscono con la perdita dell’allenamento. Tuttavia, la frase chiave assente nella versione per il paziente sottolinea che fino al 20% degli atleti professionisti può avere un residuo ingrandimento delle camere cardiache, sollevando interrogativi sulla reale natura benigna del cuore d’atleta. L’MSD, infatti, recita: “Nella maggior parte dei casi, i cambiamenti strutturali e la bradicardia regrediscono con la perdita dell’allenamento, anche se fino al 20% degli atleti professionisti ha un residuo ingrandimento delle camere cardiache, ponendo così la questione, in assenza di dati a lungo termine, circa la reale natura benigna del cuore d’atleta”.

In sintesi, mentre non sembrano esserci pericoli evidenti, la mancanza di prove a lungo termine solleva dubbi sulla sua benignità assoluta.

Federico Liberi

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