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Salute

Giornata mondiale dell’ipnosi: tutto quello che c’è da sapere

L’ipnosi ha origini antiche, ma la sua efficacia è dimostrata dalla Scienza moderna. Scopriamo di più su questa tecnica

L’ipnosi è sempre stata avvolta da un velo di misticismo, tanto che i più scettici la considerano una tecnica inutile, basata solo sul grado di influenzabilità del soggetto su cui viene praticata. In realtà, negli ultimi 20 anni l’ipnosi si è affermata come una vera e propria tecnica psicoterapica.

Scopriamo quali sono state le evoluzioni di questa pratica nel corso degli anni, che tipologie di ipnosi esistono e come viene utilizzata ad oggi per la salute mentale dei pazienti.

Ipnosi: che cos’è?

Ipnosi come terapia – Unsplash – importpharma.it

 

Il termine ipnosi deriva dal greco hypnos, che significa sonno. Infatti, consiste proprio nell’indurre uno stato di completo rilassamento nel soggetto che può essere paragonato ad uno stato di trance o anche detto di coscienza alterata.

Il soggetto non perde del tutto la consapevolezza di dove si trova nello spazio, ma non è nemmeno vigilie e attento. Si può dire che il suo stato di coscienza sia a metà tra il sonno e la veglia. Per indurre uno stato ipnotico si possono utilizzare:

  • Suoni
  • Immagini
  • Movenze

Tutto questo per influenzare i parametri psicofisici: il paziente viene fatto rilassare, il suo battito rallenta, e cade in una sorta di sonno in cui la sua attenzione può essere diretta e focalizzata dal terapeuta su determinati aspetti problematici della sua mente, con la finalità di risolverli o alleviarli.

Come può però una suggestione alleviare uno stato psicologico? Grazie al potere dell’immaginazione e del pensiero. Le difese del paziente si abbassando, la sua parte razionale smette di censurare il reale flusso di pensieri e il terapeuta riesce a fare breccia nella mente del soggetto sottoposto a ipnosi.

Quando è nata l’ipnosi?

L’ipnosi ha origini antichissime, tanto che se ne trova traccia in alcuni papiri egizi risalenti a circa 3000 anni fa. Questa pratica è stata portata avanti da altre popolazioni del passato, come: Persiani, Aztechi e Maya.

L’obiettivo principale era più di carattere misterico e divinatorio, solo in seguito si è diventati consapevoli dell’efficacia dell’ipnosi per alleviare il dolore e altre condizioni psicosomatiche e quindi delle sue potenzialità curative.

Mesmer: Il mesmerismo e il flusso interiore

Franz Anton Mesmer, un medico tedesco del Settecento, ha portato per la prima volta, l’ipnosi su un piano scientifico. Lui sosteneva che all’interno del corpo umano esistesse un fluido che potva bloccarsi in determinati punti del corpo e creare disturbi fisici all’essere umano. Attraverso delle calamite si impegnava a sbloccare questo fluido. Per farlo Mesmer creava una sorta di sonnambulismo artificiale per guarire i suoi pazienti.

Braid: La prima spiegazione fisiologica dell’ipnosi

James Braid nel 1843 cerca di reinterpretare le convinzioni di Mesmer, e di trovare delle basi fisiologiche dell’ipnosi. Proprio lui ha coniato il termine ipnosi e neuro-ipnosi, e per primo praticò l’auto-ipnotismo per combattere il dolore. Le sue sperimentazioni consentirono di fare un passo in più verso la demistificazione dell’ipnosi.

Braid introdusse anche il concetto di monoideismo, ovvero il principio secondo il quale lo stato di trance venga generato dalla focalizzazione dell’attenzione del soggetto su un solo oggetto esterno o immaginato.

Charcot: ipnotismo e isteria

Jean Martin Charcot sosteneva che l’ipnosi fosse una vera e propria nevrosi costituita da uno stato di letargia, di catalessi e sonnambulismo. Charcot è considerato uno dei fondatori della scienza della psicopatologia e i suoi studi si concentrarono principalmente sulla gestione del trauma e sull’isteria locale. L’ipnosi per lui era una cura alla nevrosi e studiò a fondo la fisiologia dell’ipnotizzato.

Freud: ipnosi per arrivare all’inconscio

Secondo Sigmund Freud, l’ipnosi consentiva di allentare il controllo della coscienza e arrivare così a far fluire l’inconscio e fare emergere i conflitti interiori che, secondo lui, causavano il disturbo fisiologico. Freud sosteneva anche che l’ipnosi però avesse dei limiti, ovvero che nell’uomo rimanesse comunque un nucleo ad opporre resistenza, non manovrabile dall’ipnotista.

Ipnosi ai giorni d’oggi

Grazie alle moderne tecniche di neuroimmagine, è possibile indagare cosa accade al nostro cervello quando veniamo sottoposti ad ipnosi. Le regioni cerebrali che si attivano durante lo stato di trance sono:

  • La corteccia occipitale: responsabile della vista.
  • Il talamo: adibito al controllo dei movimenti e della memoria, controlla anche funzioni autonome come appetito, sete e temperatura corporea.
  • La corteccia cingolata: coinvolta nell’autoconsapevolezza e nella gestione della memoria associata al dolore.
  • La corteccia prefrontale e dorsolaterale: responsabile del controllo del corpo.

Questo dimostra che durante lo stato ipnotico una persona è in grado di impiegare determinate aree relative alla gestione di un compito (es. l’azione suggerita dall’ipnotizzatore), senza però monitorare in modo consapevole ciò che sta facendo.

Ipnosi e gestione del dolore

L’ipnoterapia può essere utilizzata per combattere il dolore ed è raccomandata anche come procedura anestetica. Numerosi studi confermano che grazie all’ipnosi il dolore percepito può attenuarsi, o addirittura scomparire. Questo perchè viene rielaborata la risonanza psicologica sello stimolo doloroso, fino a rendere sopportabile il suo manifestarsi.

Come abbiamo visto, l’attivazione del talamo e della corteccia cingolata, danno un’ulteriore conferma della capacità del sonno ipnotico di agire sulle aree adibite alla regolazione corporea e sulle aree responsabili della percezione del dolore.

L’ipnosi e l’elaborazione del trauma

Movimenti oculari rapidi per indurre lo stato ipnotico e migliorare il superamento del trauma – Pexels – importpharma.it

 

Affrontare un trauma può essere complicato, infatti ha un impatto molto forte sull’individuo che può arrivare a rivivere un evento traumatico in qualsiasi istante, come fosse un pensiero intrusivo su cui non ha controllo.

Ad esempio nel PTSD, Disturbo Post Traumatico da Stress, il soggetto continua a rivivere l’evento traumatico e questo provoca un’attivazione negativa del corpo, detta arousal.

L’ipnosi è un modo per elaborare il trauma soprattutto grazie alla Eye Movement Desensitizaion and Reprocessing (EMDR): una desensibilizzazione e rielaborazione del trauma attraverso i movimenti oculari.

Grazie questi movimenti oculari rapidi indotti al paziente, si ottiene un focus sia sul ricordo negativo, che viene fatto riaffiorare a livello mentale, sia sulla figura del terapeuta. L’obiettivo è creare un distanziamento tra sé e il ricordo negativo, per farlo diventare meno intrusivo e più tollerabile.

In conclusione, l’ipnosi consente di creare una situazione mentale favorevole per rielaborare il trauma in modo più rilassato e senza la componente di ansia e paura che scatenerebbe in situazioni di piena consapevolezza.

L’ipnosi, in questo caso, non è efficace nell’immediato, ma ha bisogno di più sedute per riuscire ad alleggerire il carico emotivo del trauma.

L’ipnosi funziona per tutti allo stesso modo?

Secondo un esperimento condotto all’Università di Stanford la risposta a questa domanda sarebbe no.

Infatti, durante l’esperimento 500 persone sono state sottoposte a un test in grado di misurare il loro grado di ipnotizzabilità. Fatto questo, i ricercatori hanno selezionato 36 pazienti altamente ipnotizzabili e 21 pazienti per niente ipnotizzabili. Successivamente è stato indotto in loro lo stato ipnotico, monitorando la loro attività cerebrale attraverso risonanza magnetica funzionale.

Negli individui ipnotizzabili sono state individuate delle attivazioni maggiori relative alle aree dedicate all’attenzione, al controllo del movimento e alla coscienza dell’ambiente circostante.

Ormai non si può più parlare di ipnosi come qualcosa di mistico: l’ipnosi è diventata sempre di più uno strumento terapeutico importante per la gestione del dolore o del trauma, e anche le più moderne tecniche di neuroimmagine confermano questa teoria.

Non ci resta quindi che celebrare la giornata dedicata all’ipnotismo con maggiore consapevolezza, rispettando questa tecnica tanto antica quanto dibattuta.

Alessia Barra

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