La medicina omeopatica è stata fondata dal medico tedesco Samuel Hahnemann alla fine del Settecento. Oggi fa parte delle medicine integrative, come ha indicato l’Organizzazione Mondiale della Sanità
Il mercato globale dei medicinali omeopatici è in forte crescita e secondo i dati e le previsioni di Espresso Communication e Business Market Insights è in particolare l’Europa a detenere il primato di fatturato maggiore. Si parla di ricavi totali che si aggirano attorno ai 3 miliardi e di una crescita media annuale superiore al 14% del fatturato. Ponendo l’attenzione sull’Italia, apprendiamo, dal report di Harris Interactive, che su oltre mille italiani l’81% si considera soddisfatto dell’efficacia dei prodotti omeopatici. La medicina omeopatica è stata riconosciuta nel 2018, ma ancora oggi esistono molti dubbi a riguardo e qualcuno non la ritiene efficace quanto quella tradizionale. Il termine “omeopatia” deriva dal greco e significa “simile alla malattia”.
I medicinali omeopatici
L’Istituto Superiore di Sanità la definisce “un sistema di cura basato sul principio che ‘il simile cura il simile’, vale a dire che una sostanza responsabile della comparsa di disturbi (sintomi) in persone sane può aiutare a guarire tali sintomi nelle persone malate“. Sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco si legge che i medicinali omeopatici sono: “Prodotti ottenuti utilizzando sostanze di origine minerale, chimica, vegetale, animale e biologica (definite ceppi omeopatici) attraverso metodi di produzione specifici, definiti nelle farmacopee ufficiali. La caratteristica dei medicinali omeopatici è quella di utilizzare sostanze altamente diluite e “dinamizzate”. Il processo di diluizione solitamente è responsabile dell’effetto di non rilevabilità del contenuto di partenza del ceppo omeopatico. In tali casi, il medicinale finito risulta, dal punto di vista chimico-fisico, unicamente costituito da eccipienti“.
Questa disciplina è stata fondata dal medico tedesco Samuel Hahnemann alla fine del Settecento. Oggi fa parte delle medicine integrative, come ha indicato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le cure omeopatiche non sono tuttavia indicate per patologie chirurgiche, infezioni gravi o malattie oncologiche, in questi casi possono offrire un sopporto aggiuntivo ma non possono sostituire la medicina tradizionale.
Medicina omeopatica ed effetto placebo
La medicina omeopatica si distingue da quella tradizionale in primo luogo perché considera l’individuo nella sua interezza e non per il singolo sintomo o problema che lo preoccupa. I medicinali omeopatici agiscono in maniera diversa da quelli che la maggior parte di noi è abituato ad utilizzare. Hanno effetti più lenti e a volte possono rendere il sintomo più forte poco prima della sua totale scomparsa. L’omeopatia può affidarsi all‘effetto placebo, ovvero quel risultato benefico che si avverte dopo aver assunto una qualsiasi sostanza che non ha un effetto terapeutico specifico, ma appare comunque efficace. Grazie ai meccanismi di questo particolare metodo curativo l’omeopatia può risultare davvero sorprendente.
L’esperta spiega: “Spesso si dice che l’omeopatia ha anche un effetto placebo perché analizzando le composizioni chimiche e biologiche dei farmaci non sono rilevati quantitativi sufficienti da poter indurre la scienza a dichiararli efficaci o al pari dei farmaci di sintesi. Il problema dietro a questo discorso sorge dal volere cercare risultati con meccanismi inadatti allo scopo. L’omeopatia ha meccanismi differenti rispetto alla medicina convenzionale quindi non la si può “misurare” secondo gli standard tradizionali. Sicuramente l’effetto placebo, che si verifica quando la persona ha un condizionamento suggestivo rispetto all’assunzione di qualche cosa come ad esempio un farmaco omeopatico, porta a un miglioramento sostanziale, fisico e di umore rispetto a prima. Molto spesso questo miglioramento arriva addirittura all’80%”.
L’effetto placebo funziona perché attiva meccanismi sia psicologici sia biologici e fisici. Dai sentimenti scaturiscono specifiche risposte da parte di ormoni e neurotrasmettitori che portano a diversi sintomi fisici. La fiducia provata nel momento in cui assumiamo un farmaco ad esempio, stimola il rilascio di endorfine che attivando i recettori oppioidi endogeni ci faranno provare una sensazione analgesica rendono più lievi i sintomi.