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Fitness

Mobilità articolare, qualche consiglio per allenarla

Come migliorare la tua mobilità articolare con i nostri utili consigli per l’allenamento ed evitare dolore e rigidità, muovendoti con agilità senza limiti di età.

La mobilità articolare, o flessibilità, è la capacità di movimento di una o più articolazioni, che può variare da soggetto a soggetto. Questa possibilità di movimento può essere realizzata senza limitazioni e dolore, al massimo del suo intervallo di mobilità. La mobilità articolare è una componente fondamentale del benessere fisico, contribuendo alla corretta postura, a conservare l’energia, migliorare le prestazioni sportive, costruire la forza e prevenire lesioni muscolari e articolari.

Eccesso, implicazioni e classificazione dei gradi di flessibilità

Parte integrante di una performance motoria, la flessibilità deve essere sviluppata e preservata attraverso un opportuno programma di allenamento. La mobilità, però, non è costante tra diverse articolazioni e varia anche tra diversi individui.

Diversi fattori influenzano la flessibilità, compresi:

  • la struttura anatomica dell’articolazione
    • legamenti,
    • capsule articolari,
    • tendini,
    • muscoli,
    • pelle,
    • tessuto adiposo.
  • fattori fisiologici
    • sesso,
    • età,
    • temperatura corporea,
    • temperatura atmosferica,
    • ora del giorno,
    • affaticamento,
    • stato d’animo.

Sia nelle strutture anatomiche che nei fattori fisiologici, è possibile osservare limitazioni che possono essere modificate, a volte significativamente, attraverso esercizi e allenamenti specifici.

Alcuni fattori infatti possono aumentare la mobilità, come il riscaldamento motorio, il riscaldamento passivo, o l’esercizio durante il tardo mattino o il pomeriggio. Al contrario, altri fattori possono ridurre la flessibilità, come l’assenza di riscaldamento, il freddo, l’attività sportiva nelle prime ore del mattino, o l’affaticamento.

Mentre una flessibilità “normale” è necessaria per la maggior parte degli sport, alcune attività come la ginnastica artistica, la danza, i tuffi, e le arti marziali richiedono un’escursione articolare superiore alla media.

Può accadere che la flessibilità dei muscoli di una giunzione diventi eccessiva. Un aumento della flessibilità può causare instabilità articolare, che può essere altrettanto problematica quanto la sua mancanza. Infatti, esiste un bilanciamento tra flessibilità e stabilità. Quando si diventa più snelli o agili in una certa giunzione, i muscoli stabilizzatori forniscono meno supporto. La flessibilità eccessiva, quindi, può essere altrettanto rischiosa quanto una mobilità articolare limitata, con entrambe le condizioni che aumentano il rischio di lesioni. Inoltre, sebbene i legamenti e i tendini non si lacerano, quando vengono allungati, possono influenzare la stabilità della giunzione, aumentando notevolmente il rischio di lesioni.

Foto | MB Lifestyle @Canva – Importpharma.it

La flessibilità può essere suddivisa in:

  • DINAMICA
  • STANTIA
  • ATTIVA, risultante dall’azione dei muscoli che allungano gli antagonisti;
  • PASSIVA, risultante dalla forza della gravità, dal peso del corpo o dall’azione di un compagno o di uno strumento;
  • MISTA, risultante dalla combinazione delle due sopra.

Flessibilità dinamica

La flessibilità dinamica (conosciuta anche come flessibilità cinetica) è la capacità di eseguire movimenti dinamici (o cinetici) dei muscoli per muovere un arto attraverso tutto il suo range di movimento nelle giunzioni.

Flessibilità attiva

La flessibilità statica attiva (conosciuta anche come flessibilità attiva) è la capacità di assumere e mantenere posizioni distese, utilizzando solo la tensione dei muscoli agonisti e della muscolatura sinergica durante l’allungamento degli antagonisti (ad esempio, sollevare la gamba e tenerla in alto senza il supporto esterno, usando solo i muscoli della gamba).

La flessibilità attiva è influenzata dalla forza dei muscoli agonisti. È comune osservare che le persone con forza significativa hanno una mobilità limitata, mentre quelle con alta flessibilità hanno meno forza. L’allenamento di questa abilità mira a mantenere un equilibrio tra essa e la forza, a seconda dei livelli ottimali tipici di ciascuna disciplina.

Flessibilità passiva

La flessibilità passiva, o flessibilità statica passiva, è definita come l’abilità di assumere e mantenere posizioni estese, sfruttando il proprio peso corporeo, gli arti, un attrezzo come una sedia o la sbarra o il supporto di un compagno. Contrariamente alla flessibilità statica attiva, la flessibilità passiva non dipende esclusivamente dai muscoli. Un tipico esempio di questo tipo di flessibilità è riuscire a fare le divaricate.

In generale, la flessibilità passiva è legata al concetto di mobilità articolare.

La flessibilità attiva, invece, si correla più direttamente con le prestazioni sportive ed è più complessa da perfezionare; pur necessitando della flessibilità passiva per assumere una posizione estesa iniziale, richiede anche una robusta forza muscolare per mantenere la stessa posizione.

Come migliorare il movimento articolare

L’ampiezza del movimento articolare, o “ROM” (Range Of Motion), definisce la flessibilità articolare e si riferisce al grado di libertà consentito da un’articolazione specifica.
Solitamente, il ROM si calcola attraverso il numero di gradi completati da una parte del corpo dal punto di partenza al punto di arrivo, su tutto il suo arco di movimento. Il calcolo più comune del ROM si fa utilizzando un goniometro. Quando i punti di riferimento anatomici sono chiari, la precisione della misurazione è alta; tuttavia, errori di misurazione possono verificarsi più facilmente in presenza di abbondante tessuto molle attorno all’articolazione.

È possibile incrementare la mobilità articolare?
Una combinazione di esercizi attivi e passivi può certamente migliorare la flessibilità, ma bisogna ricordare di svolgere esercizi di mobilità solo dopo un adeguato riscaldamento.

Fattori interni:

  • la natura dell’articolazione (non tutte le articolazioni sono flessibili)
  • l’opposizione interna dell’articolazione
  • le costruzioni ossee che restringono il movimento
  • la duttilità del tessuto muscolare (il tessuto muscolare danneggiato da un pregresso infortunio non è molto duttile)
  • la duttilità di tendini e legamenti
  • la flessibilità della pelle (la pelle ha un certo livello di duttilità)
  • la capacità di un muscolo di rilassarsi e contrarsi per ottenere la massima ampiezza di movimento
  • la temperatura dell’articolazione e dei tessuti adiacenti (un leggero incremento della temperatura corporea migliora la flessibilità delle articolazioni e dei muscoli)

Fattori esterni:

  • la temperatura dell’area di allenamento (un clima più caldo aiuta a potenziare la flessibilità)
  • l’orario del giorno (di solito le persone sono più flessibili nel pomeriggio rispetto al mattino, con il picco di flessibilità tra le 2:30 e le 4 del pomeriggio)
  • la fase di recupero di un’articolazione o muscolo dopo un infortunio (le articolazioni e i muscoli infortunati sono generalmente meno flessibili rispetto a quelli sani)
  • età (prima dell’adolescenza si è solitamente più flessibili, rispetto all’età adulta)
  • sesso (le donne sono solitamente più flessibili degli uomini)
  • la predisposizione individuale all’esecuzione di esercizi specifici (si migliora con la pratica)
  • la determinazione personale a migliorare la flessibilità
  • le limitazioni dovute all’abbigliamento o alle attrezzature
  • l’eccesso di grasso corporeo può imporre restrizioni
  • la massa muscolare può limitare la flessibilità se eccessivamente sviluppata al punto da interferire con la capacità di movimento delle articolazioni adiacenti
  • una scarsa idratazione può limitare la mobilità e il rilassamento globale del corpo
  • l’inutilizzo di alcuni muscoli o articolazioni può portare a variazioni chimiche nel tessuto connettivo con conseguente riduzione della flessibilità.

Invecchiamento e flessibilità

Quando il tessuto connettivo non viene utilizzato o viene utilizzato poco, offre resistenza e limita la flessibilità. L’elastina si deteriora diventando meno duttile e il collagene aumenta la sua rigidità e densità.
L’invecchiamento causa effetti analoghi al disuso sul tessuto connettivo, oltre all’aumento graduale di disidratazione, di deposizione di calcio e di sostituzione delle fibre muscolari con fibre di collagene adiposo.
Le persone anziane dovranno lavorare soltanto con più attenzione e per un periodo di tempo più lungo. Infatti, una maggiore capacità di estendersi dei tessuti muscolari e connettivi può essere ottenuta a qualsiasi età.

Dalma Bonaiti

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