La paralisi cerebrale infantile è un disturbo di tipo neurologico molto grave. Vediamo tutte le sue caratteristiche
La paralisi cerebrale infantile è un disturbo neurologico che influisce principalmente sulle capacità motorie e sulla tonicità muscolare. Le radici di tale condizione risiedono in un danno cerebrale che può manifestarsi in diverse circostanze, come ad esempio il parto prematuro, infezioni durante la gravidanza o incidenti nei primi anni di vita. I sintomi della paralisi cerebrale infantile variano ampiamente tra i pazienti, poiché dipendono dall’entità del danno cerebrale, misurabile tramite esami radiologici come TAC e risonanza magnetica nucleare. Sebbene non esista una cura completa, sono disponibili interventi terapeutici che possono migliorare i sintomi e la qualità della vita dei pazienti. Ma vediamo tutto quello che bisogna sapere a riguardo.
La paralisi cerebrale infantile rappresenta un disturbo neurologico persistente, non progressivo, che influisce sulla coordinazione dei movimenti, la postura, la tonicità e il controllo dei muscoli scheletrici, oltre a impattare sulla percezione dello spazio e le abilità comunicative di un bambino.
Statistiche inglesi indicano che un neonato su 400 nasce con paralisi cerebrale infantile. Come evidenziato nel capitolo sulle cause, i più colpiti sono i nati prematuri (40-50% dei casi) e coloro con peso estremamente basso alla nascita (6% dei casi). Il 70-90% dei bambini affetti sviluppa il disturbo prima della nascita.
Ma quali sono le cause? La paralisi cerebrale infantile si manifesta in seguito a un danno cerebrale causato da un insulto durante la gravidanza o il parto, compromettendo il normale sviluppo e danneggiando la struttura nervosa del bambino.
In passato, si pensava che la paralisi cerebrale fosse legata esclusivamente a episodi di asfissia durante il parto. Dagli anni ’80, tuttavia, ricerche scientifiche hanno identificato altri fattori di rischio, più frequenti prima della nascita. Ecco un elenco di situazioni potenzialmente pericolose:
Le infezioni materno-fetali associate alla paralisi cerebrale infantile includono:
Inoltre, fattori come l’esposizione al metilmercurio, problemi tiroidei, ipertensione arteriosa e attacchi epilettici ricorrenti possono favorire il rischio di paralisi cerebrale infantile.
Il neonato è più vulnerabile alla paralisi cerebrale infantile se sviluppa uno dei seguenti disturbi: meningite batterica, encefalite virale o itterizia grave, soprattutto se non trattata adeguatamente.
Ogni paziente affetto da paralisi cerebrale infantile è un individuo unico, con sintomi e segni che variano in base alla gravità e all’estensione dell’insulto cerebrale. In altre parole, il danno al cervello e il numero di funzioni cerebrali compromesse influenzano il quadro clinico.
La mancanza di coordinazione nei movimenti e l’alterata padronanza dei muscoli scheletrici sono le manifestazioni più caratteristiche della malattia. Il quadro sintomatologico può inoltre complicarsi con disturbi dell’apprendimento, delle facoltà comunicative, della vista e dell’ingestione di cibo.
Ecco una panoramica completa della sintomatologia associata alla paralisi cerebrale infantile:
I sintomi compaiono, in genere, entro i primi tre anni di vita.
Le complicazioni della paralisi cerebrale infantile possono manifestarsi sia durante la prima infanzia che tra l’adolescenza e l’età adulta. Sono principalmente attribuibili alla scarsa tonicità muscolare, alla spasticità e alla mancanza di coordinazione motoria.
Tra le complicanze più significative si annoverano le contratture muscolari, le quali nel tempo possono ostacolare la normale crescita ossea, deformare le articolazioni e causare l’insorgenza di artrosi. Ulteriori problematiche includono la malnutrizione, soprattutto quando le difficoltà nella masticazione e deglutizione sono notevoli, e la scoliosi, derivante da una muscolatura del tronco indebolita e inadeguata.
Nel caso in cui sussistano le condizioni per sospettare la presenza di paralisi cerebrale infantile, il primo passo diagnostico consiste in un dettagliato esame obiettivo. Successivamente, una chiara conferma diagnostica è ottenuta attraverso una serie di indagini specifiche sul cervello, quali esami radiologici ed elettroencefalogramma, oltre agli esami di laboratorio.
Quali sono gli esami che vengono effettuati?
Esame obiettivo: nel corso dell’esame obiettivo, il medico esamina attentamente l’intera sintomatologia, conducendo un approfondito colloquio con la madre per indagare sulla storia clinica del piccolo paziente, dalla fase prenatale al momento del parto e ai giorni immediatamente successivi. Ad esempio, in relazione ai fattori di rischio menzionati, conoscere dettagli come la prematurità del parto, il peso alla nascita, la presenza di infezioni virali o batteriche nella madre, ecc., può essere cruciale ai fini diagnostici. Tali informazioni spesso rivestono un’importanza pari, se non superiore, agli esami radiologici e di laboratorio.
Esami radiologici: le immagini radiologiche offrono uno sguardo dettagliato sullo stato di salute del cervello, rivelando le aree effettivamente danneggiate. Queste rivestono un ruolo cruciale nella diagnosi differenziale, aiutando a escludere patologie simili a quella sospettata.
Gli esami includono:
Esami di laboratorio: gli esami del sangue (da quelli classici a i test genetici) servono, al medico, per escludere o meno la possibilità che i disturbi siano dovuti a patologie della coagulazione sanguigna o a malattie genetiche congenite.
Elettroencefalogramma (EEG): l’EEG, che misura l’attività elettrica cerebrale attraverso elettrodi posizionati sulla testa del paziente, è frequentemente utilizzato in presenza di sospette crisi epilettiche nei pazienti con paralisi cerebrale infantile.
Altri esami: in considerazione dei sintomi esibiti dal paziente, è fattibile eseguire un esteso insieme di approfondimenti, che coinvolgono la vista, l’udito, le abilità linguistiche, le capacità intellettuali, la coordinazione motoria, e altri aspetti. Questo processo mira a valutare approfonditamente la portata del problema, al fine di elaborare un trattamento appropriato.
Dato che non è possibile riparare l’insulto al cervello, la paralisi cerebrale infantile non può essere completamente guarita. Tuttavia, esistono terapie che possono migliorare i sintomi, contribuendo così a una migliore qualità della vita e rallentando lo sviluppo di complicazioni. Questi trattamenti includono approcci farmacologici e fisioterapici, con opzioni chirurgiche nelle situazioni più gravi. La terapia occupazionale e la logopedia possono essere considerate, insieme a una consulenza multidisciplinare, per garantire cure ottimali dal periodo infantile all’età adulta.
Trattamento farmacologico: il trattamento farmacologico ha lo scopo di migliorare i disturbi connessi alla spasticità e rigidità muscolari. La selezione dei farmaci appropriati dipende dalla localizzazione e dall’estensione della spasticità muscolare.
Per la spasticità concentrata in specifici gruppi muscolari, il medico può optare per iniezioni di Botox (tossina botulinica) direttamente nell’area interessata. Nel caso di spasticità diffusa, coinvolgente più parti del corpo, il trattamento può coinvolgere somministrazioni orali di:
– Diazepam: l’uso prolungato è sconsigliato per il rischio di dipendenza, con effetti collaterali come sonnolenza e stanchezza.
– Dantrolene: può causare nausea, diarrea e sonnolenza come effetti collaterali.
– Baclofene: i suoi effetti collaterali possono includere sonnolenza, confusione e nausea.
Fisioterapia: l’obiettivo della fisioterapia è migliorare la forza muscolare, l’elasticità, la mobilità articolare e la coordinazione motoria del paziente. È essenziale che il fisioterapista istruisca i genitori su quali movimenti ed esercizi devono essere eseguiti anche a casa, poiché le sole sedute in studio potrebbero non essere sufficienti. In casi necessari, l’uso di tutori e supporti per la deambulazione (come stampelle o sedie a rotelle) può essere utile.
Terapia occupazionale: la terapia occupazionale si propone di raggiungere due obiettivi principali:
Logopedia: il logopedista prescrive esercizi di rieducazione funzionale al paziente, mirati a potenziare le compromesse capacità comunicative e a superare le difficoltà nel linguaggio. In situazioni più gravi, può guidare il paziente nell’uso di ausili tecnologici, come computer o tablet.
Chirurgia: la chirurgia è considerata solo in presenza di spasticità muscolare che causa contratture estremamente dolorose, difficili da alleviare con altri trattamenti. Esistono due tipi di interventi chirurgici. Il primo mira a correggere le deformità articolari per migliorare la mobilità (chirurgia ortopedica). Il secondo coinvolge la sezione dei nervi che controllano i muscoli scheletrici contratti, noto come rizotomia. Sebbene riduca significativamente il dolore, questo approccio è invasivo e può causare un persistente senso di intorpidimento muscolare.
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