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Salute

Profumi e memoria, ecco come l’olfatto può prevenire il declino cognitivo

Un recente studio fornisce nuove prospettive per arginare i danni cognitivi anche nelle malattie neurodegenerative con i profumi

Ci sono profumi che sono evocativi di emozioni e sensazioni passate – e che valgono più delle parole! -. Un gruppo di ricercatori ha utilizzato il noto legame tra olfatto e memoria per comprendere meglio come gli odori possono essere uno strumento terapeutico per rafforzare la memoria e potenzialmente scoraggiare la demenza.

Lo studio del legame tra profumi e memoria

Il progetto è stato condotto attraverso il Centro UCI per la Neurobiologia dell’Apprendimento e della Memoria e ha coinvolto uomini e donne di età compresa tra 60 e 85 anni senza problemi di memoria.

A tutti è stato regalato un diffusore e sette cartucce, ciascuna contenente un unico e diverso olio naturale, poi sono stati creati due gruppi: nel primo, le persone hanno ricevuto cartucce a piena potenza, nel secondo sono stati somministrati gli oli in piccole quantità.

Foto | Unsplash @Omkar Jadhav – Importpharma.it

I partecipanti hanno inserito una cartuccia diversa nel diffusore ogni sera prima di andare a letto e questa si è attivata per due ore mentre dormivano.

Le persone del primo gruppo hanno mostrato un aumento del 226% delle prestazioni cognitive rispetto al gruppo di controllo, misurato mediante un test con elenco di parole comunemente utilizzato per valutare la memoria. Il piccolo studio suggerisce quindi che annusare profumi piacevoli potrebbe stimolare il cervello in un modo che protegge dalla perdita di memoria.

L’imaging ha rivelato una migliore integrità nel percorso cerebrale chiamato fascicolo uncinato sinistro. Questo percorso, che collega il lobo temporale mediale alla corteccia prefrontale decisionale, diventa meno robusto con l’età. I partecipanti hanno anche riferito di dormire più profondamente.

Gli scienziati sanno da tempo che la perdita della capacità olfattiva – o altrimenti detta capacità di annusare – può predire lo sviluppo di quasi 70 malattie neurologiche e psichiatriche, tra cui l’AlzheimerParkinson, schizofrenia e alcolismo.

Il legame tra memoria e senso dell’olfatto potrebbe aiutare a spiegare anche perché, nelle prime fasi della demenza, le persone iniziano a perdere la capacità di percepire gli odori.

“Il senso olfattivo ha il privilegio di essere direttamente collegato ai circuiti della memoria del cervello”, dice Michael Yassa, co-autore dello studio. “Tutti hanno sperimentato quanto siano potenti gli odori nell’evocare ricordi, anche di molto tempo prima. Tuttavia – continua – a differenza dei cambiamenti alla vista che trattiamo con gli occhiali e dai problemi uditivi che trattiamo con gli apparecchi acustici, non c’è alcun intervento per la perdita dell’olfatto”.

Stanno emergendo prove su un legame tra la perdita dell’olfatto dovuta al COVID 19 e il conseguente declino cognitivo: i ricercatori hanno precedentemente scoperto che esporre persone con demenza moderata a un massimo di 40 odori diversi due volte al giorno per un periodo di tempo ha potenziato la loro memoria e le abilità linguistiche, ha alleviato la depressione e ha migliorato le loro capacità olfattive.

Il team dell’UCI ha deciso di provare a trasformare questa conoscenza in uno strumento semplice e non invasivo per combattere la demenza.

“La realtà è che oltre i 60 anni il senso olfattivo e la cognizione iniziano a crollare” afferma Michael Leon, professore di neurobiologia e comportamento e membro del CNLM.

“Ma non è realistico pensare che persone con deficit cognitivo possano aprire, annusare e chiudere 40 bottiglie di odoranti al giorno. Questo sarebbe difficile anche per chi non soffre di demenza. Ecco perché abbiamo ridotto il numero di profumi a soli sette, esponendo i partecipanti a uno solo ogni volta, anziché ai molteplici aromi utilizzati contemporaneamente nei precedenti progetti di ricerca. Dando la possibilità alle persone di avvertire gli odori mentre dormono, abbiamo eliminato la necessità di dedicare del tempo a questo durante le ore di veglia ogni giorno”, ha specificato la prima autrice del progetto Cynthia Woo.

Quanto contano le emozioni

Nella relazione tra olfatto e memoria a giocare un ruolo determinante sono anche le emozioni: “Non è un caso che gli odori vengano molto utilizzati a livello commerciale per la loro capacità di stimolare la memoria e le emozioni positive“, spiega la neuroscienziata Arianna Di Stadio, docente del Dipartimento GF Ingrassia dell’Università di Catania e full member Sigma Xi. “Basta pensare all’aromaterapia, cioè a quel trattamento che si fa per rilassare una persona affetta da stress: funziona – continua – perché alcuni odori risvegliano vecchie emozioni positive che, a loro volta, agiscono sul nostro cervello implementandone le funzioni”.

Foto | Unsplash @Arisa Chattasa – Importpharma.it

Gli odori utilizzati nello studio, secondo la scienziata, riconducevano probabilmente a emozioni positive legate ad esempio all’infanzia, che hanno influenzato positivamente la memoria.

“Infine, dobbiamo evidenziare l’importanza di preservare sia l’olfatto che la memoria”, dice Di Stadio. Vari studi sulla neurodegenerazione nel Parkinson è nell’Alzheimer hanno rilevato alterazioni dell’olfatto come primi sintomi. E’ anche vero che la perdita di memoria influisce anche sulla perdita dell’olfatto. Dunque lo studio – conclude – apre indubbiamente a nuove opportunità di ricerca che sfruttino questo legame ancestrale tra olfatto e memoria, sia per prevenire che per curare alcune patologie neurodegenerative”.

Giulia De Sanctis

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