Ecco tutto quello che c’è da sapere a proposito del virus respiratorio sinciziale e su quali sono i rischi per i bambini
Il virus respiratorio sinciziale rappresenta una delle preoccupazioni principali dei neogenitori. Diffuso soprattutto in inverno, infatti, potrebbe causare una grave infezione respiratoria conosciuta come bronchiolite. Si tratta di un’infiammazione di bronchi e bronchioli che provoca l’aumento della produzione di muco e l’ostruzione delle vie aeree con crisi di broncospasmo, da cui può derivare una importante difficoltà respiratoria, causa di frequenti ospedalizzazioni nei bambini al di sotto dei due anni. Come riconoscere questo virus e quali strategie adottare per ridurre i rischi per i piccolissimi?
Il virus respiratorio sinciziale (VRS) è una delle principali cause di malattia grave nei bambini nei primi due anni di vita in tutto il mondo. Si tratta di un virus a RNA appartenente alla famiglia Paramyxoviridae, la stessa dei virus parainfluenzali, del virus della parotite e del morbillo. È stimato che circa il 90% dei bambini entro i due anni di vita venga in contatto con questo virus.
Il professor Luca Ramenghi, Direttore della Patologia Neonatale e del Dipartimento Materno Neonatale dell’IRCCS Giannina Gaslini di Genova, sottolinea che il principale problema legato al VRS sono le frequenti ospedalizzazioni che può causare, spesso richiedendo supporto ventilatorio. Inoltre, i bambini che contraggono il VRS hanno un maggiore rischio di sviluppare problemi respiratori nel corso della loro vita, anche se il periodo di vulnerabilità successivo all’infezione non è ancora completamente compreso.
Questo virus altamente contagioso solitamente circola durante la stagione che va da novembre a marzo ed è la principale causa di accesso al Pronto Soccorso e di ricovero in terapia intensiva per insufficienza respiratoria nei bambini sotto i sei mesi di età ogni anno. La trasmissione del virus può avvenire attraverso il contatto diretto con una persona infetta, ad esempio tramite la saliva, o tramite il contatto indiretto con oggetti contaminati. È facile contrarre il virus, specialmente in luoghi affollati come la scuola, dove i bambini possono portarlo a casa, soprattutto se ci sono fratelli più grandi.
L’infezione da VRS, inizialmente caratterizzata da tosse e congestione nasale, potrebbe essere confusa con un comune raffreddore. Tuttavia, ci sono segnali a cui i genitori dovrebbero prestare attenzione, come la perdita di appetito e difficoltà nell’alimentazione dovute a gravi problemi respiratori. Quando compaiono i primi sintomi, è fondamentale consultare un medico. Sebbene non esista una terapia specifica, riconoscere tempestivamente questi segnali e ricevere un intervento pediatrico può evitare il ricovero ospedaliero, che diventa necessario in caso di peggioramento della funzione respiratoria causata dalla bronchiolite.
La diagnosi di un’infezione da VRS si basa principalmente sulla valutazione clinica. Per una diagnosi più precisa, può essere eseguito un tampone molecolare sulle secrezioni respiratorie, una tecnica che ora conosciamo a causa della pandemia da Covid-19, oppure può essere rilevata la presenza di antigeni virali tramite aspirazione del muco attraverso un tubo endotracheale, specialmente se il paziente richiede un supporto respiratorio intensivo con intubazione.
Il virus respiratorio sinciziale è la principale causa di infezioni respiratorie nei bambini al di sotto dei due anni. La maggior parte delle ospedalizzazioni per bronchioliti è dovuta a questo virus, con un picco di ricoveri ai due mesi di età. Il virus può causare sintomi lievi ma anche esiti potenzialmente fatali. I bambini più a rischio di complicazioni includono neonati infettati nelle prime sei settimane di vita, prematuri, in particolare quelli nati prima delle 30 settimane, così come quelli con malformazioni cardiache, patologie polmonari croniche o immunodepressione.
Il professor Ramenghi ricorda che per i soggetti a rischio, da circa vent’anni, è disponibile una terapia preventiva con un anticorpo monoclonale costoso chiamato Palivizumab. Questo farmaco viene somministrato mensilmente nei primi mesi di vita durante la stagione epidemica (da novembre a marzo) per prevenire le complicazioni a lungo termine causate dal virus. Questa terapia è gestita dagli ospedali secondo protocolli specifici, stabiliti ad esempio dalla Società Italiana di Neonatologia. Recentemente, si è lavorato allo sviluppo di un altro anticorpo monoclonale chiamato Nirsevimab, che offre una protezione di cinque mesi con una sola somministrazione, rappresentando una promettente evoluzione nella prevenzione del virus respiratorio sinciziale.
Nella stagione invernale 2020-2021, a causa delle misure di distanziamento, il virus respiratorio sinciziale (VRS) ha circolato significativamente meno. I bambini, insieme ai loro fratelli e sorelle, essendo meno esposti in quanto non frequentavano l’asilo, hanno contribuito a contenere la diffusione del virus. L’uso diffuso di mascherine e disinfettante per le mani ha ulteriormente limitato i contagi. Tuttavia, questo ha portato a un ritorno anticipato del virus nella primavera 2021, mentre di solito il picco dei contagi si verifica tra novembre e marzo. Gli ospedali, già sotto pressione a causa della pandemia di COVID-19, hanno dovuto affrontare un ulteriore peso dovuto ai ricoveri dei bambini colpiti dal VRS.
Il professor Luca Ramenghi spiega che quest’anno la profilassi per il Virus Respiratorio Sinciziale verrà somministrata in anticipo rispetto al solito a causa dell’anticipazione della stagione del VRS dopo la pandemia. La preoccupazione riguarda non solo il VRS, ma anche altri virus come i rinovirus, che possono causare bronchioliti. Sarà necessario monitorare l’epidemiologia di questi virus nei prossimi mesi per valutarne l’andamento e la diffusione in un contesto senza mascherine e distanziamento sociale.
Al momento, non esiste un vaccino per il virus sinciziale, ma una strategia efficace potrebbe non essere troppo lontana. Il professor Luca Ramenghi suggerisce un possibile approccio simile a quello utilizzato per altre patologie come difterite, tetano e pertosse, in cui si somministra un vaccino alle donne in gravidanza. Questo potrebbe stimolare la produzione di anticorpi che attraversano la placenta per proteggere i neonati dalle gravi complicanze del virus sinciziale nei primi mesi di vita. Tuttavia, è importante ricordare che la ricerca richiede tempo per essere completata e testare l’efficacia delle molecole coinvolte. Occorre essere pazienti.
La comunità scientifica sta compiendo sforzi promettenti, come evidenziato in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine che valuta l’efficacia della somministrazione di una singola dose di anticorpi protettivi per circa sei mesi. Sebbene i tentativi di sviluppare un vaccino siano stati effettuati anni fa con risultati deludenti, la ricerca continua e offre una speranza nel combattere questo virus. Nel frattempo, la prevenzione dell’infezione rimane fondamentale attraverso misure di controllo delle malattie infettive a trasmissione respiratoria, come il lavaggio frequente delle mani, l’uso delle mascherine e l’evitare luoghi chiusi e affollati.
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